Sullo sfondo di un mutamento della considerazione del povero, da pauper Christi a possibile perturbatore dell’ordine sociale, agli albori del XVI secolo si venne a definire una distinzione di merito tra veri poveri e falsi poveri, sulle cui basi prese avvio una riorganizzazione del sistema assistenziale, tradizionalmente demandato alla carità dei privati e all’iniziativa ecclesiastica. La laicizzazione della figura del povero pose, quindi, le autorità governative, per tutta l’età moderna e ancora nel lungo Ottocento, di fronte alla necessità di contrastare politicamente la problematica dell’indigenza, divenuta ormai una “questione sociale”, riconoscendo nell’etica del lavoro uno strumento privilegiato nella lotta contro la mendicità.
Volgendo lo sguardo al Mezzogiorno d’Italia ottocentesco, e in particolare alla Terra d’Otranto e alla città di Taranto, il volume, attraverso un lungo scavo archivistico, esamina una molteplicità di questioni volte a porre in rilievo non solo la cornice legislativa di riferimento, ma anche il profilo dei bisognosi, il ruolo della classe dirigente di fronte all’inclusione, le pratiche assistenziali messe in atto (dalla distribuzione delle limosine all’internamento nel ricovero di mendicità).
In definitiva, la ricerca restituisce la voce a quelle persone che vivevano ai margini della società, aggiungendo, così, nuovi elementi di conoscenza alla riflessione storica su mendicanti, vagabondi e poveri.